Perchè ci ostiniamo a fare le cene aziendali?

La prima cena aziendale di cui si abbia testimonianza

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Ad inizio Dicembre mi sono imbattuto in un interessante articolo che riportava come i dipendenti giapponesi si stessero stufando del “bonenkai”, cioè serate di divertimento e svago tra colleghi, che avrebbero lo scopo di favorire la socialità e l’affiatamento dei team.

Siamo abituati al concetto di etica del lavoro giapponese, spesso totalizzante e alienante allo stesso tempo e chi magari è stato in Giappone ha presente lo spettacolo dei salarymen ubriachi fradici ai bordi delle strade dopo queste serate.

Molti di loro non vorrebbero uscire con capi e colleghi e magari umiliarsi in serate di karaoke o piccole performance (da preparare mesi prima nel tempo libero). Mi sono spesso chiesto cosa provassero, quale pressioni esercitasse la loro società per costringerli a partecipare e non riuscivo a capire.

Quando il premio di produzione viene elargito in birra
Poi settimana scorsa il mio ufficio ha proposto una cena di Natale. E in un attimo ho provato una forte empatia per il salarymen giapponesi, compagni di sventure, fratelli di serate in cui avrebbero preferito stare a casa a farsi una enorme zuppiera di affari loro.

Le cene aziendali nella mia realtà, non sono necessariamente dei brutti momenti. Se si riducessero a colleghi che escono a cena in tranquillità e finita la cena tornassero a casa a una ora decente, non ci sarebbe nulla di male.

Il problema è che vengono spacciate come serate tra amici, cui attaccare un aperitivo e un dopocena e in cui si pensa di essere l’allegra brigata che va fuori a fare scorribande. Ma la verità è che fino al giorno prima e dal giorno dopo si torna a essere semisconosciuti che si sparlano alle spalle, talvolta si insultano e qualche volta instaurano un fastidioso rapporto di reciproca passiva-aggressività.

La soluzione sarebbe quella di non andare, cosa che negli anni ho sempre cercato di fare, mascherandola con delle scuse (alcune terribili, ma siamo nell’ambito della sopravvivenza sotto Natale e mi appello alle attenuanti Vostro Onore!). Ma l’esperienza insegna che se manchi, poi è come se tu avessi offeso tutti.

Negli anni mi sono dato la spiegazione che questa offesa sia dovuto al fatto che anche altri avrebbero voluto darsi malati, ma ero arrivato prima io e avrebbero dato nell’occhio.

Come non canti Al Bano coperto di pailettes? Non vuoi più la promozione?

Ora, quale potrebbe essere la soluzione?

Dopo lunghe e attente valutazioni, credo di essere arrivato a una soluzione che salvi capre e cavoli e che massimizzi il risultato minimizzando la rottura di scatole.

Il Pranzo Aziendale!

Unisce la convivialità della cena, alla limitazione temporale della pausa pranzo. Puoi sempre andare in un posto carino, pagando anche meno grazie ai menù di lavoro e senza rischio di attaccarci attività extra come aperitivo o post-cena.
Insomma, un compromesso che soddisfa tutti, non delude nessuno e è un passo verso chi il Natale magari non lo ama così tanto e riesce comunque a sentirsi incluso.
Perché in fondo a Natale vogliamo tutti sentirci più buoni.